I racconti di Natale: “A Night Christmas – Il villaggio”

C’era una volta un villaggio dove tutto funzionava alla perfezione. All’interno del villaggio c’era tutto quello di cui gli abitanti avevano bisogno.
Un consiglio di saggi prendeva le decisioni più importanti e ciò che stabilivano era considerato da tutti come legge.
C’era un grande locale, in pietra e legno e durante Il Natale, tutti si riunivano in questa grande casa per mangiare, bere e festeggiare. Tutti, nessuno escluso.
Nel villaggio in inverno nevicava fino a primavera.
Nessuno era senza lavoro, tutti avevano un ruolo preciso e da bambini sapevano già che cosa avrebbero fatto da grandi.
Attorno al villaggio, nel quale le case avevano forme diverse ma erano tutte costruite di pietra e mattoni, c’erano i campi e i pascoli per gli animali. Due grandi fiumi scorrevano uno a lambire il centro abitato e l’altro le terre.
Si moriva di vecchiaia ma non di malattia e non c’era un cimitero perché i corpi dei defunti venivano bruciati dopo una cerimonia che durava tutta la notte e le ceneri venivano disperse nei fiumi.
Tra un campo e l’altro c’erano frutteti, orti, vigneti e uliveti.
Un grande muro circolare delimitava i confini. Nessuno aveva mai oltrepassato quel muro. Se lì nascevi lì morivi perché i saggi così avevano stabilito.
Se qualcuno avesse deciso di andarsene doveva arrivare fino alla zona sud est del villaggio dove, all’interno del muro, c’era un grande portone di legno con un lucchetto.
Chi desiderava uscire dal villaggio doveva rivolgersi a un saggio il quale lo avrebbe accompagnato al portone con la chiave per aprire il lucchetto. Chi se ne andava aveva l’obbligo di non tornare mai più perché non sarebbe stato accolto. Il portone era stato costruito in modo da aprirsi solo dall’interno e ai forestieri o agli abitanti, che decidevano di ritornare, l’accesso era precluso perché nessuno stava di guardia al cancello quindi nessuno li avrebbe sentiti e quindi aperti.
Chi se ne andava doveva lasciare un piccolo lembo della sua pelle in modo che fosse bruciato e disperso nei campi perché, per la comunità, chi partiva era considerato come morto.
Nessuno se ne era mai andato.
Nel villaggio non esisteva il denaro ma si barattavano le cose. Se per qualsiasi motivo qualcuno aveva bisogno di qualcosa e non aveva niente da barattare, poteva scrivere le sue richieste in un libro posto in un luogo riparato nella piazza principale.
In poco tempo avrebbe ottenuto ciò di cui necessitava, qualsiasi cosa si trattasse.
Le case erano quelle da secoli e si tramandavano di famiglia in famiglia.
Tutto era legato ai ritmi della natura. Nessuno si ricordava da quanto esistesse quel villaggio e nessuno lo sapeva, nemmeno i saggi. Nessuno sapeva dove si trovasse quel villaggio perché per ogni abitante quello era l’unico mondo possibile e non si ponevano problemi geografici se non quello del muro da dove tutto iniziava e finiva.
Quel Natale, nel villaggio, arrivarono tre doni.
Nessuno sapeva da dove erano arrivati e che li avesse portati.
Il consiglio dei saggi decise di aprire i tre pacchi.
Il primo pacco conteneva il passato, il secondo il presente, il terzo il futuro.
Il primo consigliere dei saggi aprì il pacco del passato. Tutti gli abitanti videro finalmente le origini antichissime del loro villaggio e le persone che lo avevano fondato. Riconobbero le case e gli edifici ancora in costruzione, videro che i due fiumi non erano naturali ma erano stati ricavati scavando presso due sorgenti naturali che sgorgavano dal sottosuolo. Tutti osservarono la costruzione del muro di confine e del portone in legno da dove nessuno aveva mai osato uscire.
Il secondo consigliere aprì il pacco del presente e tutto era uguale a quello che avevano visto nel passato.
Il terzo consigliere aprì il pacco del futuro e il muro non c’era più.
Le persone erano sbalordite. Mai avrebbero immaginato il loro villaggio senza quel muro che li proteggeva ma che negava qualsiasi libertà di muoversi e di avere una vita diversa.
Si alzò un mormorio generale, prima debole poi, minuto dopo minuto, sempre più forte.
“Lo spirito del Natale – disse improvvisamente il saggio più anziano del villaggio che fece zittire tutti – dopo duemila anni ha parlato e ha deciso di farci il dono più grande regalandoci, nel terzo pacco, la possibilità di essere veramente liberi. Da questo momento la porta di legno nel muro sarà aperta e chiunque potrà oltrepassarla e ritornare al villaggio se lo vuole e quando vuole. Oggi stesso, giorno di Natale abbatteremo il muro”.
Così fu.
Molti se ne andarono, alcuni tornarono e raccontarono che cosa avevano visto nel mondo fuori dal villaggio. Qualche forestiero riuscì ad arrivare al villaggio e qui si stabilì.
Da quel Natale, ogni Natale, la porta di legno che prima era il varco del muro fu posta nel centro della piazza del villaggio per ricordare l’abbattimento del muro e celebrare la libertà.

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Questo racconto di Gian Luca Marino fa parte di una serie di 17 racconti prima del Natale, uno per ogni giorno, partendo dalla festa dell’Immacolata.
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