I racconti di Natale : “A Night Christmas – Il Viandante”

(Un racconto di Gian Luca Marino)

Erano anni che Ludovico non faceva più il presepe. Nella sua famiglia di origine la tradizione voleva che il pomeriggio del giorno dell’Immacolata si preparassero l’ Albero di Natale e il presepe.
A Ludovico, fin da bambino, toccava il compito di allestire il presepe. Scendeva in cantina e da uno scatolone tirava fuori tutto l’occorrente. C’era la cartapesta per creare il terreno e le montagne, i sassi raccolti durante le estati al mare da sistemare come piccole grotte dove posizionare le luci intermittenti, la carta stagnola colorata di blu per simulare il corso di un fiume, alberi e casette in miniatura, un mulino, la capanna e le statuine.
Ludovico era sempre stato affascinato da quelle piccole figure, in particolare da una: un viandante vestito con una tunica blu e rossa, i sandali, un bastone e una lanterna. Quel viandante aveva come l’aria perenne di cercare qualcosa e la sua lanterna sembrava vibrare di luce propria, anche con il buio della notte, anche senza le luci intermittenti.
Fu così che, molti anni dopo, nel giorno dell’Immacolata, Ludovico pensò: “Quest’anno voglio fare il presepe”.
Un sole insolito e fastidioso per dicembre aveva brillato tutto il giorno portando con se il gelo, verso il tramonto una coltre fitta di nebbia avvolse tutto il paesaggio.
Era il momento giusto.
Ludovico scese nella cantina del suo nuovo appartamento, tra i freddi muri in cemento armato, aprì la porta e da uno scaffale in metallo prese lo scatolone che aveva traslocato dalla casa dei genitori e dei nonni. Rientrò nell’appartamento e appoggiò lo scatolone sul pavimento della sala dove aveva già predisposto uno spazio per l’albero e il presepe.
Per un attimo si fermò a contemplare, seduto sul divano, quello scatolone. Poi lo aprì lentamente, con cura.
Riconobbe la capanna, il mulino, gli sembrò di sfogliare un album fotografico di famiglia.
Prese in mano ogni singola statuina. Ognuna di loro era legata ad un ricordo. La Madonna, San Giuseppe, Gesù Bambino, il bue e l’asinello erano un’eredità del presepe dei nonni; i pastori erano stati acquistati su una bancarella di un mercatino di Natale; il fornaio aveva la pala per infornare il pane rotta dopo essere caduta durante un gioco tra bambini e ai cammelli mancava una gobba e una zampa.
Tutte le statuine erano consumate, sbiadite dal tempo e dall’umido di anni chiusi in cantina. Ad alcune donne che portavano brocche d’acqua mancava il volto, ad altri personaggi, compresi i Re Magi, si staccavano piccoli frammenti di vernice. Tutte quelle statuine erano vecchie e consunte tranne una: il Viandante.
Ludovico prese quella statuina tra le mani e la osservò. Quel viandante era intatto in ogni particolare, la vernice lucida, i colori ancora vivi, come se fosse appena uscita dalla fabbrica o dalla bottega di un artigiano. Era sempre stato in quel presepe, assieme alle altre statuine, eppure aveva qualcosa di diverso.
Nessuno della famiglia si ricordava la provenienza del viandante, nemmeno i nonni.
La lanterna era stata colorata in modo che la fiammella che si intravedeva era come vera, come se quel fuoco ardesse realmente. Il bastone era lucido e perfettamente diritto, non aveva nessun graffio, nessuna scalfittura.
Ludovico quella sera fece il presepe con gesti lenti, precisi. Diede una collocazione ad ogni statuina, gli tornarono in mente tanti ricordi di Natali ormai trascorsi. Alla fine sistemò anche il Viandante, in fondo al presepe, rivolto verso la capanna di Gesù Bambino, come se volesse raggiungerla passo dopo passo.
“Certo – pensò la mente razionale di Ludovico – questo viandante devono averlo costruito proprio bene. Sicuramente avranno usato materiali e vernici di qualità. E’ per questo che se la passa così bene”.
Quella notte Ludovico si stese sul divano della sala al buio osservando le luci a intermittenza del presepe. Il Viandante viveva ancora di luce propria, sembrava in continuo movimento con la sua lanterna e il suo lungo bastone.
L’uomo stava per addormentarsi quando improvvisamente fu assalito da un dubbio, un interrogativo. Senza pensarci sgusciò fuori dal plaid che si era messo addosso per stare al caldo, si avvicinò al presepe e prese nuovamente tra le dite il Viandante. Lo capovolse e guardò attentamente sul fondo della statuina. Sotto ad un sandalo notò una minuscola scritta che in tanti anni mai nessuno della famiglia aveva osservato. Accese la luce, corse in studio a prendere la lente di ingrandimento che teneva come soprammobile sulla scrivania e osservò quella scritta da vicino muovendo su e giù la lente per metterla a fuoco.
“Rue Jean Lantier 56, Paris, 1949” c’era scritto.
“Dio mio – pensò Ludovico – questa statuina arriva nientemeno che da Parigi. Ed è stata fatta appena dopo la guerra. Chissà come è arrivata fin da noi”.
Quel Natale tutta la famiglia si riunì a casa di Ludovico la sera della Vigilia. Per quell’anno aveva deciso di organizzare la cena a casa sua e sua madre l’aveva aiutato a preparare tutto. C’era il tavolo sistemato in sala con la tovaglia buona, i bicchieri per l’acqua e i calici per il vino. Aveva comprato il panettone artigianale in una pasticceria della città molto rinomata assieme alla panna fresca e alla crema col mascarpone. Sua sorella sarebbe arrivata da Londra dove viveva e lavorava ormai da anni, in compagnia del figlio, quel pomeriggio stesso. Assieme a mamma e papà ci sarebbe stata anche la nonna. Il nonno se ne era andato cinque anni prima.
Fu una cena della Vigilia allegra e serena in attesa del pranzo di Natale. Fuori, dopo il sole del pomeriggio, aveva iniziato a piovere e anche se non c’era la neve, le luci delle luminarie natalizie, donavano alla città un’atmosfera speciale.
“Adesso che abbiamo finito possiamo aprire i regali?” disse il nipote di Ludovico il quale durante la cena, tra una prelibatezza e l’altra, non riusciva a staccarsi dl suo iPhone con la scusa di mandare gli auguri ai suoi amici londinesi.
“Che ne pensi zio?”
“Penso che sia un’ottima idea, sotto con i regali”.
“Ai miei tempi – intervenne imperterrita la bis nonna – i regali si aprivano solo il mattino di Natale perché i bambini dovevano andare a dormire presto la sera della Vigilia per aspettare Babbo Natale”.
“Nonna, ma io è da un po’ che non credo più a Babbo Natale”
“Invece faresti meglio a crederci”
Tutti scoppiarono a ridere.
Il rumore della carta dei pacchi si diffuse in tutta la sala mentre la famiglia si scambiava i regali.
“Questo è per te” disse Sara, la sorella di Ludovico porgendogli un involucro in carta da pacco ruvida e marrone, confezionato con due spaghi intrecciati tra loro.
“Vediamo cos’è”
Ludovico scartò accuratamente il pacco slegando lentamente i due spaghi.
Dalla carta emerse la copertina di un grande libro dall’aspetto antico con il titolo in francese che recitava “ Tarot de Noel”.
Ludovico ammirò incuriosito la copertina, appoggiò sul tavolo il volume perché viste le sue dimensioni non riusciva a tenerlo tra le mani e iniziò a sfogliarlo con cura aprendo le pagine a caso.
Quel libro era meraviglioso, questa volta sua sorella aveva indovinato il regalo ben conoscendo la sua passione per i libri antichi.
Ogni pagina, che era stata stampata su una carta particolare molto simile alla pergamena, raffigurava una figura degli arcani dei Tarocchi con una didascalia esplicativa scritta con caratteri molto piccoli in francese.
“Grazie sorella – disse Ludovico – è bellissimo, ma dove lo hai scovato, in quale angolo di Londra?”.
“Veramente – rispose Sara – ho trovato questo libro su una bancarella dei libri usati lungo la Senna nei pressi di Notre Dame a Parigi. Abbiamo da subito avuto un feeling particolare, l’ho preso e ho deciso che sarebbe stato il mio regalo di Natale per te”
“Ma cosa ci facevi a Parigi ?”
“Chiedilo a tuo nipote. In questi giorni a Parigi c’è un grande evento dedicato alla tecnologia e ai videogiochi e avevo promesso di portarlo. Così ci siamo fermati due giorni a Parigi”.
Ludovico era attratto da quel libro e in particolare dal suo fondo perchè, sulla posizione della terza di copertina, era stato ricavato un doppio spazio a caselle dove erano adagiate delle intercapedini che contenevano piccole statuine. Ognuna di loro rappresentava una figura dei Tarocchi in miniatura. Erano tutte conservate perfettamente, con le laccature e i colori intatti e ogni piccolo particolare era in ordine. In una casella però mancava un personaggio.
Ludovico ebbe come una folgorazione, corse verso il presepe, prese la statuina del Viandante e provò ad inserirla dentro all’intercapedine vuota: coincideva perfettamente.
“Che mi venga un colpo! – esclamò la bis nonna, che nel frattempo si era appisolata su un divano, alzandosi di colpo e prendendo in mano con fatica quel libro – ma allora a natale i miracoli avvengono davvero!”.
Tutta la famiglia pensò per un attimo che all’anziana donna il colpo potesse venire davvero.
Poi la signora scoppiò a piangere.
“Ma che succede?” chiese la mamma di Ludovico preoccupata.
La bis nonna tenendo in mano quel libro come se fosse il suo tesoro più grande disse:
“Vi devo raccontare una cosa, un episodio che riguarda tutti noi e che ne io ne il vostro povero nonno abbiamo mai raccontato”.
Tutti rimasero in silenzio.
“Io e vostro nonno ci siamo conosciuti qualche anno dopo la Guerra. Dopo pochi mesi eravamo così innamorati che abbiamo deciso di sposarci. Non avevamo un soldo da parte le uniche risorse finanziarie erano quelle che provenivano dal lavoro da usciere di vostro nonno e da qualche spicciolo che mettevo da parte quando facevo lavoretti di sartoria per in vicinato.
Mio marito però voleva a tutti i costi regalarmi il viaggio di nozze. Sapendo che ero sempre stata affascinata da Parigi e contando sul fatto che lui il francese lo conosceva abbastanza perché, vicino alla sua famiglia, abitava un’insegnante di madre lingua che glielo aveva insegnato, decise di indebitarsi per di portarmi per qualche giorno in quella città che entrambe amavamo chiamare la Ville Lumiere. Una settimana dopo il matrimonio , nel 1949, riuscimmo a partire per Parigi in treno. Passammo forse i più bei cinque giorni della nostra vita da sposini a spasso per quella città. Anche se la guerra aveva fatto parecchi danni i parigini erano ottimisti, vivaci, pieni di energia. Pensammo anche di trasferirci lì per sempre”.
La signora si asciugò una lacrima e continuò a raccontare:
“Il terzo giorno eravamo a passeggio in una via chiamata Rue Jean Lantier 56 ,quando abbiamo visto una libreria antiquaria bellissima. La vetrina era incastonata in una cornice in legno lucido e la porta di ingresso era in vetro opaco lavorato con motivi floreali. Io e il mio sposo siamo entrati e il proprietario, molto gentile e appassionato dell’Italia perché aveva studiato a Firenze, ci fece girare tra gli scaffali spiegandoci in un buon italiano tutti i tesori nascosti, il valore, il pregio e il mistero di quei libri dei quali, alcuni, erano vecchi di secoli. La libreria era molto ampia e disposta in tre sale. Le pareti altissime erano tutte arredate con enormi librerie in legno e ognuna di esse aveva una scala che correva su un binario per riuscire a prendere qualsiasi libro. Eravamo affascinati da quell’ambiente.
Poi tra gli scaffali, un po’ in disparte vidi quel libro e me ne innamorai subito. Il proprietario, prendendolo con cura tra le mani, ci spiegò che quel volume conteneva un segreto. Aprì le ultime pagine e ci fece vedere tutte quelle piccole statuine che raffiguravano i personaggi dei Tarocchi. Erano state realizzate da un artigiano della ceramica di Lione e dipinte da un pittore. Mio marito, leggendo l’entusiasmo nei miei occhi chiese il prezzo. Era un’edizione molto antica, stampata in poche copie, arricchita da quel segreto che rappresentava un vero e proprio tesoro. Costava una fortuna. Non potevamo permettercelo. Il librario vedendo la delusione e lo sconforto negli occhi di vostro nonno che quasi piangeva perché non poteva regalarmi il libro fece un gesto che non scorderò mai”.
Il nipote di Ludovico si staccò dal suo iPhone e continuò ad ascoltare il racconto della bis nonna con un’insolita attenzione.
“Quel signore ci fece accomodare sul retro della libreria dove aveva un tavolino con tre sedie e ci offrì un bicchiere di Borgogna. Poi accendendosi una sigaretta senza filtro ci guardò negli occhi e disse – Non posso regalarvi questo libro anche se ci tenete tanto. Ho da poco perso mia moglie, non ho figli e questa libreria è tutta la mia vita. Voi siete giovani, appena sposati e innamorati. Una statuina contenuta in questo libro in qualche modo vi appartiene: quella del Viandante. Questa figura rappresenta un archetipo della trasformazione. Quella lanterna, accesa, che il Viandante tiene in mano riprende l’immagine del buio e fa ricollegare l’eremita all’errante. Nel buio di una vita dolorosa, l’eremita ha trovato una lanterna e un bastone, simboli di una presa di coscienza ed ha intrapreso il suo viaggio. Voi avete appena intrapreso il vostro lungo cammino e il vostro buio è, per ora, la vostra precaria condizione economica e tutte le difficoltà che nella vita dovrete affrontare come marito e moglie. Io vi assicuro, ne so qualcosa. Quindi vi voglio regalare la statuina del Viandante e sono sicuro che se avete intrapreso il cammino giusto, un giorno, non so quando, il Viandante vi porterà, a entrambe o a uno di voi, il libro che oggi avete così tanto desiderato – Detto questo il librario tolse il Viandante dal suo posto nel libro, lo capovolse e alla base scrisse Rue Jean Lantier 56, Paris, 1949.
Da quel giorno io e mio marito, vostro padre, vostro nonno e tuo bisnonno decidemmo che per ogni Natale il Viandante avrebbe fatto parte del presepe della nostra famiglia.
Oggi il libraio e il Viandante hanno mantenuto la loro promessa e quel libro è arrivato per vie misteriose fino a noi”.
In quell’istante l’orologio a pendolo suonò la mezzanotte: era Natale.

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Questo racconto di Gian Luca Marino fa parte di una serie di 17 racconti prima del Natale, uno per ogni giorno, partendo dalla festa dell’Immacolata.

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