Il Peccato Armeno, ovvero la binarietà del male – di Matteo Nunner

20 dicembre 2017 13:56
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“Claude-Henri percepiva ciascuna emozione incrementata in modo esponenziale. Ogni minima gioia della vita centuplicata. E così anche per il dolore. Questo l’ovvio contrappasso”.

L’essenza basilare della figura del protagonista Claude-Henri si evince facilmente sin dalle prime battute del suo travagliato percorso nel mondo: dagli aromi e dalle parole armene che galleggiano per le strade della città di Van sino al severo apprendistato nella disfunzionale quanto maledetta famiglia Dadrian. Le notizie della fine di un’era giungono attutite ai distanti margini orientali dell’impero: cosicché la stessa imminente deflagrazione di quest’ultimo, così come un’Europa affacciata sull’abisso, passano in secondo piano innanzi un microcosmo fatto di bizzarri personaggi e amori proibiti. Impossibile invece attutire l’assordante clamore generato dalle prime avvisaglie di quello che sarà ricordato come uno dei genocidi più occultati della storia, malinconico sfondo della corsa che condurrà Claude-Henri sino al traguardo della vita adulta.

Il tutto sempre osservato dal ragazzo attraverso una personale lente deformante, che gli consente di applicare a ogni aspetto del suo vissuto la propria legge di binarietà, d’incontrovertibile dualismo.

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