Le Olimpiadi del 1936: Jesse Owens che lascia la Storia per entrare nella Leggenda grazie delle sue quattro medaglie d’oro, armi potentissime nello zittire le teorie della supremazia della razza ariana. I Giochi segnati dalla maratona di Sohn Kee-chung e immortalati dal film di Leni Riefenstahl. L’ultima edizione prima che il mondo sprofondasse nella tragedia della Seconda Guerra Mondiale.
È il cuore pulsante dello spettacolo “Federico Buffa racconta le Olimpiadi del 1936” in programma domenica 26 ottobre alle 21 al Teatro Civico di Vercelli. Il celebre narratore sportivo porterà in scena una storia potente, che poi ha dato vita al romanzo “L’ultima estate di Berlino”, scritto con Paolo Frusca e best sellers di Rizzoli.
La prevendita aprirà lunedì 8 settembre. I biglietti si potranno acquistare sul circuito VivaTicket o alla biglietteria del teatro Civico da lunedì a venerdì dalle 17.30 alle 19.30 e il sabato dalle 10 alle 12.
Lo spettacolo di Buffa, come accennato, ripercorre l’edizione olimpica passata alla storia, intrecciando le gesta leggendarie di Owens con la vicenda umana di Wolfgang Fürstner, comandante del villaggio olimpico, emarginato dal regime nazista a causa delle sue origini ebraiche. Buffa, che interpreta Fürstner, costruisce una narrazione civile ed emozionante, capace di unire sport, politica e umanità. L’appuntamento si inserisce nel contesto culturale vivace che animerà Vercelli da settembre. In Arca, il 10 settembre, sarà infatti inaugurata la mostra “Guttuso, De Pisis, Fontana… L’Espressionismo Italiano” con opere provenienti dalla Fondazione Giuseppe Iannaccone per raccontare la forza espressiva e controcorrente di artisti come Birolli, Pirandello, Sassu e Vedova, attivi dal 1920. «Anni fa – spiega Federico Buffa nel video realizzato per il Comune di Vercelli – il regista Emilio Russo pensò a uno spettacolo che potesse cogliere lo spirito degli anni Trenta. Perché lo portiamo a Vercelli? Perché in città ci sarà una bellissima mostra con grandi artisti come Guttuso, ma nella nostra visione del mondo soprattutto Lucio Fontana: il più rosarino dei milanesi e il più milanese dei rosarini. Per questo noi appoggiamo il 1936 all’interno del bellissimo momento culturale».